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TELEFONI BIANCHI Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 10 giugno 1976
 
di Dino Risi, con Agostina Belli, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Cochi Ponzoni, Maurizio Arena, Renato Pozzetto, Lino Toffolo, Alvaro Vitali (Italia, 1976)
 
Le strade per arrivare ad un rinnovamento della commedia detta brillante non sono certo facili. Basta osservare cosa fanno gli inglesi, un tempo maestri; o dei francesi come De Broca o Rappenau che erano partiti anni fa con grandi proposti. O certi registi dell'Est. Come le difficoltà, le discussioni, le cadute che segnano il cammino dei due più illustri italiani, Ettore Scola e Dino Risi.

Scola ha tentato a Cannes di fondere l'umorismo con la crudeltà in BRUTTI, SPORCHI, CATTIVI. Ha dipinto il sottoproletariato romano caro a Pasolini e, naturalmente, al neorealismo facendo di Manfredi un alcolizzato orbo e piuttosto ripugnante ma cercando, sotto la pesante ferocia del tratto, di mostrarci la logica di una situazione. Ferocia di una descrizione eguale a ferocia di una condizione sociale. Umorismo su una situazione del genere eguale ad esasperazione dialettica. Una strada che richiede equilibrio perfetto dei mezzi; giustezza di toni che non sempre Scola possiede per certe cadute di gusto.

Dino Risi aveva riuscito un anno fa un'opera discussa, con un finale discutibile, ma indubbiamente critica, intelligente oltre che divertente, PROFUMO DI DONNA: sicuramente uno dei film più equilibrati e voluti di questa controversa commedia all'italiana. TELEFONI BIANCHI segna, in definitiva, un passo indietro.

Come quasi tutti i cineasti, Risi ritorna nel tempo: a quello del fascismo, dei telefoni bianchi appunto, di quei film sentimentali che il regime voleva in contropposizione ai polpettoni guerrieri e propagandistici. E che, partiti nelle intenzioni dei gerarchi con ambizioni minori, risultano oggi di interesse perlomeno sociale.

Risi vuol fare della satira su quei personaggi, su quelle situazioni. Ma vuol anche rivalutare certi valori umani: basta osservare il personaggio di Gassman, contraddittoriamente "latino", ma non privo di una volontà impotente di ribellione e di riscatto. O a quello della stessa Agostina Belli, che riesce a conservare una propria lucidità attraverso il tentativo di fuga dalla miseria. Risi sa il fatto suo: dirige gli attori come pochi in Italia, e Gassman non ha mai trovato nella propia carriera una regista che cosi intelligentemente mettesse in valore i propri pregi, e ne frenasse gli eccessi. Soprattutto, tenta il regista un parallelo di linguaggio con l'epoca, cerca di trasformare il semplice racconto in una riflessione sul cinema dell'epoca (si pensi alle numerose sequenze inserit, fino alla proiezione privata di QUAI DES BRUMES).

Ma TELEFONI BIANCHI non possiede la compattezza ed il rigore di PROFUMO DI DONNA (l'avanzare del racconto sulla progressione del viaggio verso il sud). Certi episodi (Tognazzi, ad es.) frammentano il film, certe figure (Mussolini, i gerarchi in genere) sono macchiettistici.Come sempre, il maggior problema, almeno per noi di lingua italiana è dimenticare certi lazzi soprattutto linguistici, certe cadute di gusto, certe situazioni alle quali un cinema italiano, o una televisione ci hanno abituato da anni. E che ci fanno sorgere molti dubbi sulle vere intenzioni di uscire dal cerchio del conformismo, del compromesso e del commercio. Per imboccare la strada cosi difficile di far ridere, ma pure pensare.


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